di Michela Giorgio e Andrea Armijos
Le immagini provenienti dall’Ecuador circolate nell’ultimo mese riportano la confusione ed il terrore dilaganti in uno Stato che sembra sull’orlo della guerra civile.
A partire dall’8 gennaio, infatti, il giovane presidente in carica, Daniel Noboa, dichiara sessanta giorni di stato di emergenza, in seguito alla fuga dal carcere di Adolfo Macías detto “Fito”, leader dei Los Choneros (il principale cartello della droga dell’Ecuador) e di Fabricio Colón Pico, leader dei Los Lobos (il secondo cartello più importante).
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Il pugno di ferro del governo, però, anziché riportare l’ordine, diventa il segnale per i narco-guerriglieri di scatenare il caos: sparatorie nei pressi delle scuole, auto incendiate, bombe, occupazione delle carceri e di studi televisivi.
Quello che Roberto Saviano definisce “narco-golpe” è finalizzato all’ottenimento di sempre maggiore impunità per i trafficanti che ormai hanno in mano il Paese.
Tuttavia l’Ecuador è stato fino a pochi anni fa uno degli Stati più sicuri e liberi dal narcotraffico dell’America Latina. La situazione inizia a cambiare nel 2018, quando il cartello messicano di Sinaloa (il più potente al mondo), capeggiato da El Chapo Guzman e El Mayo Zambada, ha iniziato a dislocare gran parte dello stoccaggio di cocaina in Ecuador, principalmente per due motivi: era necessario trovare un nuovo hub per gli invii in Nord America, Europa e Asia a causa del costante aumento dei prezzi da parte del Venezuela, (in cui il Cartel de los Soles è alleato con il governo) fino a quel momento il principale punto di invio; la richiesta di cocaina nel mondo era in costante aumento e di conseguenza la sua produzione in Colombia, Perù e Bolivia.
Per fare ciò Sinaloa si appoggia ad un interlocutore: i Los Choneros, una piccola banda criminale (nel 2008 quando avviene il primo incontro si costituiva di 10 membri) attiva nella città di Manta, che in breve accumula ingenti quantità di denaro e vede moltiplicarsi i lavoratori al proprio servizio.
In seguito anche la raffinazione della cocaina smette di essere il monopolio della Colombia, dove era gestita dai FARC, un gruppo di guerriglieri che, vedendo crescere il potere della criminalità messicana nel loro territorio, firmano un trattato di pace con il governo; dopo la caduta di questa organizzazione terminano anche i controlli della produzione di cocaina. Vengono dunque aperte le raffinerie in Ecuador e i guadagni raddoppiano. Infine si giunge al controllo dei porti.
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Parallelamente aumentano gli investimenti da parte dei Los Choneros nell’edilizia, nello smaltimento rifiuti e nella politica. Il potere che questa organizzazione esercita sullo Stato è sempre maggiore e il livello di corruzione è altissimo, tanto da ottenere, come in una sorta di appalto, il controllo delle carceri (una pratica, spesso diffusa negli Stati con un grande numero di detenuti, secondo cui i più importanti criminali ottengono agevolazioni e maggiore tolleranza in cambio del mantenimento dell’ordine).
Alcuni presidenti e/o candidati hanno fatto leva sul proposito di ristabilire la sicurezza nelle loro campagne elettorali, diventando spesso vittime dei narcotrafficanti (ben nota è la strage delle ultime elezioni di ottobre in cui ha perso la vita, tra gli altri, il rivale dell’attuale presidente, Ferdinando Villavicencio).
Perciò in seguito alla decisione di Noboa di costruire carceri di massima sicurezza per i criminali maggiori (fino a quel momento insieme a quelli comuni) sono scoppiati i primi disordini, culminati nella fuga di Fito e in tutto quanto avvenuto successivamente.
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Da tempo però il governo aveva attuato tagli agli investimenti sulla sicurezza, soprattutto per risollevare l’economia, resa fragile dai debiti, di cui quello contratto con la Cina dall’ex presidente, Rafael Correa, è forse il più noto, e definitivamente messa in ginocchio dalla pandemia di Covid-19.
È in questo momento che moltissime persone appartenenti alle fasce più povere iniziano a legarsi alla criminalità organizzata, che dava loro lavoro e “protezione” (in moltissime zone i gestori di attività sono costretti al pagamento di pizzi sempre più alti).
Anche lo scioglimento degli accordi di libero scambio con gli Stati Uniti e il mancato rinnovamento della concessione di una base militare (sempre effettuati da Correa) hanno giocato un ruolo importante nel crollo dell’economia e della sicurezza in Ecuador.
La popolazione si trova ora stremata dalla povertà e dal terrore diffuso dai narco-guerriglieri, quindi propensa ad appoggiare la linea dura del presidente che, in accordo con l’opposizione, ha concesso l’immunitá ai militari e alla polizia. Il loro mantenimento, però, comporterà un ingente aumento delle tasse.
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