A cura di Sara Meli
Appena mi è stato chiesto di scrivere l’editoriale di marzo ho accettato, entusiasta di poter essere ancora una volta parte di un progetto a cui sono affezionata profondamente. Quando però è arrivato il momento di mettermi al computer…vuoto totale, tra tutti gli avvenimenti degli anni ’90 di cosa avrei parlato?
Avrei potuto parlare degli anni degli eccessi con il pulp di Tarantino e l’heroin chic di Kate Moss, di musica tra il britpop di Blur e Oasis e il grunge dei Nirvana, o ancora degli alti e bassi del decennio tra la riunificazione delle due Germanie, la fine del l’apartheid in Sudafrica e lo scoppio di nuove guerre e attentati come quello di Falcone e Borsellino (argomenti di cui sarebbe riduttivo parlare in due righe).
Procrastinatrice cronica quale sono (tant’è che già sento la redazione di ETRA maledirmi in quarantasette lingue diverse per il ritardo di consegna), ho aspettato che fosse l’ispirazione a venire da me, e così è stato.
Prima di arrivare al momento dell’illuminazione anni ’90 facciamo un salto indietro fino a maggio dell’anno scorso, al periodo del “cosa farai finito il liceo?”. Sapevo di voler lavorare tra moda, costumi e vestiti ma il fashion design era per me troppo poco pratico e nessuna delle accademie e università che avevo visto si addiceva a ciò che volevo fare. Mentre la maturità si faceva sempre più imminente, grazie ad alcuni professori ho scoperto l’esistenza di corsi di sartoria teatrale, ambito collegato ai miei studi di scenografia al Cassinari, e così, dopo una selezione andata a buon fine e qualche mese trascorso mi ritrovo oggi a Milano all’Accademia del Teatro alla Scala. È un corso intenso ma gratificante, mi reputo fortunata di poter condividere questo percorso con dei professori e professionisti ispirati e con dei compagni con cui si è stretto un legame già dai primi giorni.
È proprio mentre un professore ci mostrava Petite mort, un capolavoro di danza contemporanea di Jirí Kylián del 1991, che ho capito di non poter far scelta migliore se non di parlare di ciò di cui mi sto occupando adesso: teatro, danza e spettacolo.
Negli anni ’90 la danza contemporanea gode di una rinnovata attenzione in tutta Europa, Petite mort (eufemismo francese usato per indicare l’orgasmo), coreografia composta in onore del bicentenario della morte di Mozart e presentata al Festival di Salisburgo (uno dei più importanti festival di musica classica e opera) ne è un esempio. Durante la performance sei ballerine, sei ballerini e sei fioretti (sì, fioretti, proprio come quelli usati nella scherma) danzano con movimenti allo stesso tempo armonici e rigidi rimarcando le musiche di Mozart in una coreografia incentrata sul rapporto amoroso. Grazie all’interesse per questo stile e alla formazione di nuove compagnie, anche in Italia – paese tradizionalmente legato al balletto accademico – la danza contemporanea trova il suo posto.
In questo decennio vediamo inoltre fondersi sempre più performance art e teatro; perfetto esempio è la compagnia romagnola Masque Teatro fondata nel 1992, che affianca l’interesse che il mondo della performance rivolge – anche in modo violento e “pulp” – al corpo umano, all’utilizzo di macchinari scenografici creando immagini talvolta grottesche e provocando lo spettatore.
Per quanto riguarda l’opera, i teatri italiani decidono di aprirsi a regie internazionali per spezzare il tradizionalismo che non lasciava ormai più il segno. Tra questi ricordiamo Graham Vick che apre la stagione scaligera del ’97 con il Macbeth la cui scenografia memorabile era costituita da un enorme cubo che sovrastava il palco. Per il pubblico della Scala fu una svolta ma il Macbeth del ’97 non dimostrava le vere potenzialità registiche di Vick a cui era abituato il pubblico internazionale poiché non aveva nessuna particolare rilettura della recitazione o dei personaggi, questo perché in quegli anni il teatro milanese era sotto la direzione musicale di Riccardo Muti che non ammetteva particolari rivisitazioni registiche.
In fine al tramontare di questi intensi anni ’90 assistiamo all’ultimazione di un punto di riferimento per il teatro di prosa milanese: il Piccolo Teatro Strehler, inaugurato nel 1998 sulle note di Così fan tutte, in onore dell’ultima regia di Giorgio Strehler venuto a mancare nel ’97.
Dopo queste pillole teatrali torniamo invece alla vita di tutti i giorni, rispolverate quell’indistruttibile Nokia 3310 che avete sepolto in qualche cassetto, fatevi una partitina a “Snake” mentre canticchiate la sigla di Willy, il principe di Bel-Air e sarete pronti a questa avventura negli anni 90!