di prof.ssa Giorgia Spoto
Mi è stato chiesto di fare un editoriale sul termine “liquido”, e la prima cosa che mi è venuta in mente è stata, “stato di aggregazione in cui le molecole scorrono le une sulle altre…. non ha forma, ma assume la forma del recipiente che lo contiene…..” ma poco dopo sono stata travolta da altri pensieri…..società post-moderna, società liquida, globalizzazione, individualismo, disagio.
E’ stato Zygmunt Bauman, sociologo polacco che a partire dal 2007 ha elaborato il concetto di ‘post-modernità o società liquida’; forse nemmeno lui si aspettava che l’espressione diventasse così di uso comune. Ma cosa si intende esattamente per società liquida?
Società liquida significa che tutto ciò che prima era considerato solido (identità, relazione, verità, idea di Stato-Nazione, etc….) si è andato liquefando. L’affermarsi di questa modernità liquida è stata favorita anche dall’avvento della globalizzazione che ha determinato un rovesciamento dei poteri, la globalizzazione ha globalizzato il vero potere cioè quello economico, scavalcando la politica, con conseguenza che c’è un vecchio sistema politico che non funziona più e in cui le persone non hanno più fiducia, ma non ne abbiamo ancora uno alternativo, che ne prenda il posto.
Accanto alla crisi politica emerge anche la crisi del concetto di comunità; esiste un individualismo sfrenato, dove nessuno è più concittadino, compagno, collega, ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi, da cui non farsi superare in questa corsa frenetica che è diventata la nostra quotidianità. Questo soggettivismo ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile e, mancando ogni punto di riferimento, tutto si è dissolto in una sorta di liquidità. Le uniche soluzioni per l’individuo, senza punti di riferimento, sono state da un lato l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore in funzione dei followers posseduti e dall’altro il consumismo. Però si tratta di un consumismo che non mira al possesso di oggetti di desiderio in cui appagarsi, ma che li rende subito obsoleti, e il singolo passa da un consumo all’altro in una sorta di bulimia senza scopo. La modernità liquida, per dirla con le parole del sociologo polacco, è “la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”.
Per Zygmunt Bauman il sentimento principale che affligge l’uomo postmoderno è il disagio. Ma da cosa ha origine questo disagio? Da diversi fattori:
in primis dal problema dell’identità. Le identità e i ruoli di genere, per esempio, si sono liquefatti. Con ruolo di genere si intende l’insieme di comportamenti, stereotipi, norme, credenze che una società e una cultura associa a un determinato genere.
Nella nostra società un esempio è quello di associare al genere maschile il colore blu, l’indumento pantaloni e lo sport calcio; al genere femminile, invece, il colore rosa, l’indumento gonna e lo sport danza. Questi stereotipi si sono liquefatti; ci si veste spesso in modo androgeno, cosa che in passato avrebbe dato l’appellativo di “maschiaccio o poco femminile”; ci si tinge le unghie anche se non sei una femmina e piace truccarsi o indossare colori che non vengono comunemente associati al genere maschile.
Altro fattore la paura; la paura del diverso, dello straniero, del compagno di classe di cui non sai fino a che punto ti puoi fidare, la paura di essere sé stessi senza sentirsi giudicati, la paura di esprimere le proprie idee senza venire additato come poco interessante, strano, sfigato e sparlato alle spalle.
Come rimediare a questo disagio che ci trova divisi tra il desiderio di emozioni e relazioni e la paura del giudizio? Forse soltanto rompendo il circolo vizioso dell’individualismo e del consumismo compulsivo e recuperando la bellezza dei legami autentici perché come scrive Bauman “Possiamo comprare tutto, non l’amore. Non troveremo l’amore in un negozio”.
In altri termini è necessario intraprendere la strada della cura e del rispetto che esige senso di responsabilità ma anche un poco di abnegazione, perché “L’amore non è un oggetto preconfezionato e pronto per l’uso. È affidato alle nostre cure, ha bisogno di un impegno costante, di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno”.
Bisogna recuperare il senso del rispetto, perché anche se il diverso/l’altro fa paura contiene in sé un arricchimento, contiene in sé il punto di vista che ci sfugge. Diversità a 360 gradi, di genere, di religione, culturale.
La pandemia, che Bauman non ha vissuto, cosa ci ha insegnato? Ci ha insegnato che abbiamo bisogno di rapporti umani veri, non virtuali, che alla fine ci fanno sentire ancora più soli; di contatto, di relazioni. Mi chiedo se esiste concretamente la possibilità di una società liquida, dove ogni cosa non ha bisogno di essere classificata ed etichettata, in cui si possa vivere nel rispetto delle diversità, delle libertà di pensiero e di opinione senza sentirsi attaccati; una società in cui sia garantito il rispetto dell’individualità all’interno della comunità e il rispetto dell’ambiente prima del profitto, il rispetto della libertà e della non prevaricazione in nome di un nazionalismo che non esiste più e che difende i suoi confini con la forza e la violenza che non avrei mai pensato di vedere nel nostro mondo occidentale, ritenuto patria del dialogo e della negoziazione pacifica.
Vi lascio con queste riflessioni e spero che vi siano d’ispirazione e nel frattempo non evaporate.