LA TUTELA DELL’ABORTO IN FRANCIA, E IN ITALIA?

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di Camilla Zambelloni e illustrazione di copertina di Fasoli Mattia

“Mon corps, mon choix” (My body, my choice) è la scritta che illumina la Torre Eiffel il 4 marzo 2024, il popolo francese festeggia con una manifestazione l’inserimento del diritto all’aborto nella propria costituzione, d’ora in avanti la libertà di scelta delle donne francesi è garantita da una norma votata dai membri del Parlamento.

Il successo deriva dalla volontà politica, iniziativa proposta dal presidente francese Emmanuel Macron, a seguito della sentenza che ha posto fine al diritto federale all’aborto negli Stati Uniti. La decisione del presidente si è concretizzata dopo un lungo processo legislativo accompagnato da un forte sostegno da parte del governo ma anche un contrasto da parte di alcuni settori religiosi e conservatori.

Perché questa decisione è considerata un grande passo per la storia della Francia? Perché tutela il diritto all’aborto (legale in Francia dal 1975) e impedisce ai futuri governi di limitare l’accesso a questa legge se non scontrandosi con il Consiglio Costituzionale, questa tutela si è rivelata necessaria data la frequenza con cui molti governi stanno riducendo i diritti riproduttivi delle donne, portando conseguenze spesso drammatiche per le vittime di stupro, gravidanze in età adolescenziale e donne cagionevoli e fragili messe in pericolo da una gravidanza.

La modifica costituzionale prevede che all’articolo 34 della Costituzione francese venga aggiunga la frase “La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà garantita alla donna di far ricorso ad un’interruzione volontaria della gravidanza”, ciò prevede un riconoscimento del diritto delle donne francesi di scegliere sull’aborto in modo libero e rende la Francia il primo paese al mondo ad avere il diritto d’aborto garantito dalla Costituzione. 

La Francia ha sentito la necessità di introdurre la libertà di abortire nella Costituzione per superare l’idea che le leggi tutelino solo l’autonomia e la libertà degli uomini, ora si vuole rendere la Costituzione un testo che parli a tutti e a tutte e che incoraggi gli altri stati a prenderne esempio. 

In Italia la donna può richiedere l’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari. Dal 1978 questo intervento è guidato dalla legge 194, approvata grazie alle lotte dei movimenti femministi e dopo un passaggio parlamentare durato circa due anni, la legge è stata accettata insieme a un compromesso ovvero l’introduzione dell’obiezione di coscienza.

Le procedure da seguire in caso di richiesta di interruzione di gravidanza della legge 194 sono i seguenti:

  • esame delle possibili soluzioni dei problemi proposti
  • aiuto alla rimozione delle cause che porterebbero all’interruzione della gravidanza
  • certificazione
  • invito ad aspettare per sette giorni in assenza di urgenza, sia entro che oltre i primi 90 giorni di gravidanza.

Al giorno d’oggi, però, si può dire che la legge 194 è datata e necessita di essere modificata e che in Italia non si possa compiere un aborto in piena libertà perché non si riesce a tutelare le donne dagli alti tassi di obiezione di coscienza raggiunti.

Recentemente è stata depositata una proposta di legge che modifica la legge 194,  si introduce l’obbligo al medico di far vedere alla paziente il feto e farne udire il battito cardiaco.

Il diritto all’aborto, in Italia, è il frutto di un compromesso tra forze politiche ed è costantemente oggetto di ridiscussione e attacchi violenti dove la scelta di interrompere una gravidanza vuol dire ritrovarsi a fare “slalom” tra medici obiettori e mediche obiettrici di coscienza oltre a ricevere giudizio e violenza psicologica.

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