Sandra Mujinga: I guardiani del mondo 

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a cura di Letizia Obertelli e Silvia Perrone

“Sono interessata alla costruzione del mondo”

Sandra Mujinga è un’artista e musicista che vive e lavora tra Oslo e Berlino. Ha conseguito la laurea specialistica presso la Malmö Art Academy. 

Ma com’è diventata un’artista che lavora con i tessuti?

Sua madre ha studiato moda, tuttavia ha preferito dedicarsi a lavori meglio retribuiti, anche se non ha mai perso il suo interesse e la sua voglia creativa. Sandra era una bambina tranquilla e timida, era brava a disegnare e si divertiva nel farlo. Nella sua testolina pensava che da grande sarebbe diventata illustratrice dopo aver visto il re leone della Disney, incuriosita da come fosse stato realizzato. Successivamente, non pensando che l’arte potesse diventare la sua professione, decise di fare domanda per studiare architettura con i suoi amici ma non venne ammessa.Dopo questo tentativo, chiese consiglio alla  sua insegnante che la incoraggiò a prendere in considerazione l’Accademia d’Arte di Mälmo dell’Università di Lund, dove viene accettata. 

Sandra Mujinga – 1989  Goma, Repubblica Democratica del Congo 

La pratica multidisciplinare di Sandra è motivata da un profondo interesse per il corpo e per la sua assenza. Nelle inquietanti installazioni di quest’artista, figure incappucciate dall’aspetto spettrale e fantastiche creature ibride diventano strumenti di osservazione. Traendo ispirazione dalle strategie di sopravvivenza degli animali, come mimetismo e adattamento notturno, dal concetto di “costruzione di mondi” della fantascienza, dal postumanesimo, e dall’afrofuturismo, l’artista propone un mondo immaginario in cui l’esistenza cibernetica non è necessariamente una minaccia per l’autonomia e in cui, al contrario, l’ibridismo funge da protezione. 

Mókó, Libwá, Zómi e Nkáma, il quartetto di sculture presentate da Mujinga in una installazione del 2019, sono corpi privi di sostanza. Vibranti nella luce verde al neon, le quattro figure incappucciate di dimensioni esagerate, il cui titolo è reso nella lingua bantu lingala, sono costituite da mantelli con sembianze umane e hanno lunghi arti di stoffa che evocano tentacoli e proboscidi. Sembrano esseri umanoidi che si sono evoluti per adattarsi alla nostra contemporaneità catastrofica. Rappresentazioni futuristiche di corpi incombono sugli osservatori anche nelle sculture in tulle del 2020 intitolate Míbalé, Mísató, Minei e Mítáno

Queste figure dalle braccia allungate fanno la guardia con forme selvagge che sono un simbolo di autosufficienza. Le sculture di Reworlding Remains (2021) e Sentinels of Change (2021), realizzate con tessuti riciclati, traggono ispirazione da fossili di dinosauri e occupano uno spazio liminale in cui decadimento e ricostruzione coesistono nella stessa sequenza temporale. 

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