Biennale Arte di Venezia 2022: i padiglioni di Libano e Danimarca

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a cura di Alice Brigante

Tra le varie partecipazioni nazionali alla Biennale di quest’anno (i padiglioni – per intenderci – divisi tra Arsenale e Giardini), sono per me risaltate, anche se per aspetti diversi, quelle di Libano e Danimarca.

Il padiglione della Danimarca, “We Walked the Earth” di Uffe Isolotto, si collega direttamente ai tre temi della Biennale: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, la relazione tra gli individui e le tecnologie, la connessione tra i corpi e la Terra. È forse il padiglione con legami più evidenti a questi insieme a quelli di Arabia Saudita, Svizzera e Corea del Sud.

Dà il benvenuto al visitatore un edificio inizialmente simile a una casa, camminando negli ambienti però si ritrovano attrezzi, resti di cibo e anche un piccolo cortile che rimandano all’ambiente della fattoria. Il vero primo impatto è però dato dalla scultura, iperrealistica e a dimensioni naturali, di un centauro riverso sul pavimento, la prima di tre. Isolotto snoda il suo discorso attorno a questa famiglia, includendo elementi del passato storico della vita rurale danese, ma anche aspetti completamente fantastici  e futuristici, in un risultato a tratti grottesco.

L’istallazione, in particolare, è una struttura che divide in due padiglione: il fronte è una facciata d’hotel colorata e ricoperta di luci, il retro una baracca con modesti arredi. Il video, supportato da questa imponente scenografia, che è possibile attraversare e esplorare, racconta gli sconvolgimenti causati da una crisi globale, in un luogo dinamico e tecnologico, caratterizzato da una certa instabilità emotiva.

Non voglio entrare troppo nei dettagli, rischiando così di rovinare la vostra epserienza personale, quindi mi fermo qui, ma spero di avervi invogliato a dirigervi alla Biennale se non l’avete ancora fatto. 

Non c’è un unica interpretazione dell’opera né di cosa sia successo ai suoi protagonisti, anche se molteplici ipotesi e interpretazioni vengono in mente: un futuro utopico, una riflessione sullo sfruttamento di persone e animali oppure della natura in generale… o forse la visione è invece speranzosa, un nuovo inizio o l’origine di un nuovo mondo, di un nuovo modo di intendere il corpo e le sue funzioni. Il padiglione danese ci fa interrogare su tutto questo.

Se il padiglione della Danimarca ci porta a fantasticare di un futuro più o meno vicino, quello del Libano è disincantato, pragmatico. “The World in the Image of Man”, a cura di Nada Ghandour è composto da un video  di Danielle Arbid e un istallazione di Ayman Baalbaki, questi ruotano attorno alla situazione politica e estetica di Beirut, presentando uno spaccato della città globale, tra ricchezza e povertà, tra l’immagine e la realtà concreta.

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