di Chiara Rossi e Sara Meli
Per tutelare la privacy delle fonti, sono state utilizzate iniziali di nomi fittizi; ogni riferimento a nomi reali è puramente casuale.
Immagina di avere quasi 16 anni, immagina di dover lasciare la tua famiglia, i tuoi amici, la città in cui hai sempre vissuto.
Immagina di esser costretto a fare tutto ciò per qualcosa di molto più grande di te, qualcosa che non dipende dalla tua volontà o da quella delle persone a te care.
Nell’estate del 2021 saluti mamma e papà e parti per raggiungere l’Italia.
All’arrivo sei spaventato, stanco, non sai la lingua e ti ritrovi in una realtà totalmente nuova. Sei arrabbiato e amareggiato, ma sai che i tuoi genitori ti hanno spedito in un altro Paese per il tuo bene; se fossi rimasto saresti stato obbligato a seguire, assieme ai tuoi coetanei, addestramenti militari in vista di un probabile conflitto con la Russia.
Questa non è fantasia, questa è la storia di Z. che, come molti ragazzi ucraini, si ritrova a vivere una vita che non ha mai desiderato, a studiare una lingua che non avrebbe mai pensato di dover imparare.
Ad aspettarlo c’è la nonna materna M. , in Italia già da diversi anni, che lo aiuta ad ambientarsi e che si occupa di tutte le questioni burocratiche. È proprio lei che continuando a gesticolare freneticamente ci traduce dal russo ciò che quel ragazzo dai capelli bruni e dagli occhi fin troppo tranquilli prova a dirci con un italiano che non mastica ancora bene.
Durante l’estate Z. frequenta un corso per imparare la lingua e per telefono orgoglioso mostra i risultati ai genitori e ai suoi amici ancora in Ucraina, loro lo rassicurano anche se la tensione nel suo Paese natale è forte.
A settembre Z. inizia a frequentare la scuola superiore circondato da volti nuovi; per i primi mesi tutto scorre tranquillo, ma non senza difficoltà.
Poi, a febbraio, scoppia la guerra.
Il mondo sembra cadergli addosso, il padre è al fronte e le comunicazioni con la madre, nascosta in un bunker con il loro gatto da quando i russi sono entrati in città, diminuiscono drasticamente.
Z. vive nella costante paura che ogni telefonata possa essere l’ultima, questo pensiero lo tormenta fino al punto di non riuscire più a dormire.
Adesso è M. che parla, ci dice che le occhiaie di Z. per fortuna stanno andando via, e la sera si addormenta molto più tranquillamente.
Con lo scorrere dei giorni giunge un barlume di speranza: la madre sembra aver trovato un corridoio umanitario fino al confine della Polonia o della Romania.
Per Z. sono giornate cruciali, in cui non ha contatti con lei e spera solo che possa andare tutto al meglio.
Finalmente la fatidica telefonata arriva: è la voce di sua madre dall’altro capo del telefono, è riuscita a superare il confine polacco insieme al loro gatto.
Entrambi tirano un sospiro di sollievo.
Quattro giorni dopo dalla porta di casa entra la mamma e Z. può finalmente riabbracciarla.
Gli occhi scuri della nonna lasciano intravedere uno spiraglio di felicità velato di tristezza mentre ci racconta dell’arrivo in Italia della figlia.
Sono gli occhi di una donna forte che riescono a comunicare ancor più di quanto sia riuscita ad esprimere verbalmente.
Questo è solo un frammento dolce amaro di una vicenda a cui per adesso non possiamo dare un lieto fine.
La famiglia di Z. non è ancora al completo; la storia del padre si sta scrivendo in questi giorni al fronte come quella di tante altre vite sospese.
Di fronte a questa situazione ci sentiamo impotenti, ci chiediamo spesso in che modo possiamo aiutare. Ci sono piccoli gesti che ognuno può fare, come donare indumenti, cibo o medicinali nei centri di raccolta destinati all’Ucraina o ai rifugiati.
Molti comuni si stanno muovendo a tal proposito; vi segnaliamo il centro presso le ex Scuderie in Piazza Cittadella a Piacenza che dall’8 marzo sarà adibito alla raccolta dei beni di prima necessità.
Vi invitiamo, qualora foste a conoscenza di altre iniziative, a segnalarle nei commenti.
Chiara Rossi, Sara Meli
Grazie per il vostro articolo ,ci aiuta a riflettere su come vivono la guerra in Ucraina gli adolescenti , sofferenza, dolore , paura e terrore regnano nella loro mente e nei loro occhi , bella l’immagine della nonna che aspetta figlia e nipote al sicuro qui in Italia , triste sapere che il papà sta combattendo al fronte .
Speriamo che questo Inferno finisca ora , adesso !
Bravissimi gli scrittori dell’articolo che aiutano la riflessione dei lettori
Grazie per il tuo commento. Speriamo davvero che finisca presto.
Thank you for your sharing. I am worried that I lack creative ideas. It is your article that makes me full of hope. Thank you. But, I have a question, can you help me?